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      • Pubblicato il 5 feb 2024
      • Ultima modifica 5 feb 2024
    • 14 min

    Rischi e DPI del settore agroalimentare

    Scopri come prevenire i rischi e le malattie nell'industria agroalimentare con l'abbigliamento di sicurezza per la protezione dei lavoratori.

    Rischi e DPI del settore agroalimentare

    L'industria agroalimentare, estremamente diversificata, comprende l'industria della carne, del pesce, delle bibite, dei piatti pronti, dei prodotti lattiero-caseari, della frutta e della verdura, dei cereali, dello zucchero, dell'olio, ecc. Insieme con l'edilizia, i trasporti e l'agricoltura, è tra i settori che segna il maggior numero di incidenti sul lavoro e malattie professionali. L'uso di indumenti protettivi è obbligatorio per tener conto delle condizioni di lavoro in questo settore e riguarda tutti i lavoratori, non solo chi manipola gli alimenti. Gli indumenti protettivi rientrano nella categoria dei DPI in quanto sono indispensabili per proteggere i lavoratori da eventuali contaminazioni batteriche o chimiche causate dai prodotti per la pulizia o dagli ingredienti utilizzati. Hanno pertanto la duplice funzione di protezione e barriera sanitaria.

    Rischi e malattie professionali nel settore agroalimentare

    Le professioni del settore agroalimentare sono caratterizzate da un elevato rischio di incidenti sul lavoro, superiore di oltre il 50% rispetto alla media di tutte le attività professionali. I lavoratori dell'industria agroalimentare svolgono spesso incarichi che prevedono attività manuali ripetitive, trasporto di carichi pesanti e posizioni disagevoli (necessità di stare in piedi). Si tratta di situazioni ancora molto frequenti, malgrado la crescente automazione del settore. I lavoratori sono spesso esposti ai rischi dovuti ad attività svolte al freddo (in celle frigorifere, in capannoni o all'aperto) e talora in ambienti umidi e soggetti a correnti d'aria (come nella pesca).

    Tali condizioni lavorative favoriscono l’insorgenza di malattie muscolo-scheletriche (MMS) legate anche ai ritmi di lavoro imposti dalla filosofia "just-in-time". Il 25% delle MMS riconosciute come malattie professionali si verifica nel settore agroalimentare.

    I lavoratori sono inoltre regolarmente esposti a prodotti chimici durante le operazioni di pulizia e disinfezione, che nel settore sono essenziali e regolamentate. A causa di tale esposizione possono insorgere malattie cutanee o respiratorie.

    I rischi sono ancora maggiori nelle filiere della carne e della panificazione

    La filiera della carne da macello e della carne avicola è esposta ad un rischio di incidenti sul lavoro e malattie professionali da due a tre volte maggiore rispetto alla media delle altre attività. I mestieri di tale filiera soffrono di un'immagine negativa legata alle condizioni di lavoro, immagine molto penalizzante per l'organizzazione delle aziende. Queste incontrano infatti importanti problemi di turnover e assenteismo e il personale è soggetto ad uno stress molto intenso.

    Sussistono notevoli vincoli lavorativi: ambienti freddi o rumorosi, orari di lavoro atipici, frequente movimentazione di carichi.

    Abbattimento e taglio della carne sono le attività a più alto grado di rischio. In particolare, scivolamenti e cadute, causati in primo luogo dalla presenza a terra di acqua, grasso e sangue, costituiscono il 20% degli infortuni, a cui segue un periodo di assenza dal lavoro. Nelle fasi di produzione, pulizia e manutenzione, il problema è rappresentato dalle ferite che i lavoratori riportano con l'uso di utensili da taglio, come affettatrici o seghe. Inoltre, la movimentazione su lunghi percorsi di carcasse pesanti può provocare strappi muscolari, lombalgie, ernie discali, ecc.

    Anche nella filiera della panificazione/pasticceria si riscontrano importanti problemi di sicurezza, dato che i lavoratori del settore, che utilizzano forni, oltre che attrezzi per la cottura e utensili a volte sprovvisti di adeguate protezioni termiche (manici, impugnature), sono esposti al rischio di ustioni.

    Ma i panettieri sono esposti in modo particolare, più di altre categorie di lavoratori, al rischio di sviluppare patologie respiratorie. Queste patologie sono spesso legate alla polvere di farina in sospensione nell'aria, conseguenza della necessità di cospargere di farina il piano di lavoro per evitare che l'impasto vi aderisca.

    I rischi sono ancora maggiori nelle filiere della carne e della panificazione - RS

    La sicurezza sanitaria nell'industria agroalimentare

    Ogni fase del processo di produzione degli alimenti, dal momento della consegna delle materie prime alla spedizione dei prodotti finiti, è esposto al rischio di contaminazione. L'industria agroalimentare è sottoposta a requisiti sanitari severi e rigorosi.

    Per garantire la sicurezza sanitaria degli alimenti, le attività sono separate in due categorie:

    • Le attività dette pulite: implicano delle misure di barriera per la protezione dei prodotti.
    • Le attività dette sporche: corrispondono alle aree di confezionamento, ricevimento/spedizione, manutenzione e smaltimento dei rifiuti.

    Sono necessarie attrezzature specifiche come i sensori di temperatura, indispensabili per il mantenimento della catena del freddo, le porte va e vieni realizzate in materiali che rispettano le norme alimentari e resistono agli urti oppure tende e porte a strisce isolanti contro freddo e caldo per i capannoni di produzione o le celle frigorifere.

    La sicurezza sanitaria dei prodotti alimentari è una questione di salute pubblica; tutte le aziende del settore agroalimentare prestano grande attenzione alle problematiche correlate alla pulizia e alla disinfezione dei locali. Il loro personale ha familiarità con le numerose procedure e istruzioni per la lotta contro le diverse fonti di contaminazione e viene formato al rispetto delle regole igieniche, sul metodo HACCP e all'adozione dei gesti e delle posizioni corrette. Tutto ciò è vero per tutto il personale, non solo per chi manipola gli alimenti: tutti devono portare indumenti appositamente realizzati per evitare contaminazioni di ogni genere, come grembiule, cuffia, manicotti, guanti, copriscarpe, ecc.

    ISO 22000 e il protocollo HACCP come garante della sicurezza

    ISO 22000 e il protocollo HACCP come garante della sicurezza - RS

    Applicabile a ogni categoria di produttori, la norma ISO 22000 definisce le esigenze relative ad un sistema di gestione della sicurezza dei prodotti alimentari. Illustra gli strumenti che un'organizzazione deve impiegare per dimostrare la propria capacità di tenere sotto controllo i rischi che gravano sulla sicurezza alimentare per garantire la sicurezza di ogni prodotto alimentare".

    Dal 2006, la norma ISO 22000 impone a tutto il settore agroalimentare l'adozione del protocollo HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point) per garantire l'igiene degli alimenti. Questo metodo di gestione della sicurezza sanitaria degli alimenti consta di 7 fasi finalizzate a identificare, valutare e descrivere le misure di gestione dei rischi e i punti critici nel quadro di tale gestione.

    Le industrie agroalimentari adottano misure rigorose in ogni momento del processo di fabbricazione degli alimenti per tutelare la salute dei consumatori e dei dipendenti. Gli indumenti protettivi rappresentano il cardine di queste misure: maschere di protezione, guanti monouso, protezioni per la testa e tute rientrano infatti nel protocollo HACCP. Quest'ultimo prevede l'analisi dei pericoli e dei rischi in ogni momento della produzione per garantire la sicurezza dei prodotti.

    L'uso di indumenti protettivi integra le basilari regole di igiene personale richieste alle aziende agroalimentari, che organizzano periodicamente delle campagne di sensibilizzazione.

    Caratteristiche dell'abbigliamento protettivo nell'Industria agroalimentare

    Gli indumenti di lavoro adatti al settore agroalimentare coniugano igiene e sicurezza e sono di facile manutenzione. Devono essere coprenti, facili da indossare e togliere e non devono avere punti di aggancio con elementi taglienti che possano ferire chi li utilizza. Sono privi di chiusure lampo e tasche esterne, hanno bottoni a pressione e un collo alto in maglia elastica. Gli indumenti, per lo più monouso, grembiuli, cuffie e tute, benché elastici e leggeri, sono resistenti alla trazione e alle lacerazioni nel caso si impiglino in qualcosa.

    La tuta e la cuffia: protezioni igieniche caratteristiche del settore

    Questi indumenti protettivi pratici e leggeri sono indispensabili per chi deve manipolare alimenti. La tuta riduce il rischio di propagare virus o batteri, mentre la cuffia trattiene i capelli e ostacola le contaminazioni provenienti dal cuoio capelluto.

    Realizzati in polipropilene (PP) trasparente, questi capi, così come i manicotti e i copriscarpe, sono monouso. Vengono cambiati ogni volta che è necessario.

    La tuta e la cuffia: protezioni igieniche caratteristiche del settore

    I DPI per il settore alimentare e le normative En correlate

    I lavoratori dell'industria agroalimentare sono spesso esposti a rischi biologici e chimici quando manipolano alimenti o utilizzano prodotti di pulizia e disinfezione. Sussistono anche rischi legati alle temperature degli ambienti di lavoro e all'utilizzo di attrezzi taglienti. È essenziale indossare uno o più DPI per proteggere le mani, il volto, la testa e i piedi. A seconda dell'uso a cui sono destinati, saranno impermeabili, antiscivolo, isolanti, ecc. Il tipo di rischio orienta la scelta della protezione più adatta. Ogni DPI è conforme a una norma; ad esempio, una tuta non monouso e destinata proteggere da temperature estreme è conforme, a seconda delle sue finalità di utilizzo, alle norme EN 1149, EN 13982 e EN 342.

    Quando non è monouso, una maschera per il settore agroalimentare è in gomma, è dotata di valvola di esalazione e filtro e deve resistere alle polveri e agli aromi alimentari. Maschere e semimaschere sono conformi alle norme EN 149, EN 405, EN 140 et EN 136.

    I manicotti protettivi rivestono un ruolo essenziale nell’industria agroalimentare, poiché offrono una protezione aggiuntiva ai lavoratori esposti ai rischi del settore. La norma EN 1186 è importante, perché definisce le regole relative ai materiali utilizzati a contatto con gli alimenti. Essa garantisce che tali materiali non trasferiscano agli alimenti sostanze nocive e assicura pertanto la loro sicurezza e conformità ai regolamenti.

    Oltre alla EN 1186, altre norme, come la EN 420 (requisiti generali dei guanti protettivi) e la EN 388 (resistenza ai rischi meccanici), possono applicarsi a seconda dei rischi specificamente sussistenti. I manicotti di protezione per il F&B devono anche essere resistenti all'umidità, ai prodotti chimici comunemente utilizzati e facili da pulire, per tutelare l'igiene dell'ambiente.

    In conclusione, manicotti protettivi conformi alle norme appropriate sono indispensabili nell'industria agroalimentare per garantire la sicurezza alimentare e proteggere i lavoratori dai rischi meccanici, chimici e di contaminazione. Il rispetto delle norme contribuisce al mantenimento degli standard di igiene, qualità e conformità ai regolamenti in questo settore fondamentale.

    Certificazioni e obblighi per i materiali destinati al contatto con gli alimenti

    Gli oggetti e i materiali che devono entrare in contatto con acqua o alimenti destinati al consumo umano devono, per essere compatibili con le esigenze sanitarie dell'industria agroalimentare e della ristorazione, essere conformi al regolamento CE 1935/2004. I guanti in particolare devono essere conformi al regolamento UE 10/2011, che riguarda le materie plastiche destinate al contatto con gli alimenti.

    Le materie e i materiali usati per la fabbricazione dei guanti non devono costituire un rischio per la salute umana né devono alterare, tramite la migrazione delle sostanze che li compongono, gli alimenti manipolati. Questi guanti, siano essi in lattice, vinile o tessuto, sono spesso di colore blu, per poterli ritrovare con facilità in caso di smarrimento.

    I guanti certificati per il contatto alimentare sono contrassegnati da un logo raffigurante un bicchiere e una forchetta.

    Secondo la norma, la progettazione dei guanti deve tenere conto, in particolare, della loro innocuità, comodità e elasticità, oltre che di dimensioni e marcatura.

    • La norma EN 420/EN ISO 21420 deve sempre essere associata ad altre norme, in funzione della tipologia di utilizzo e dell'esposizione ai rischi. Ecco alcune norme applicabili all'industria agroalimentare:
    • La norma EN 388: rischi meccanici: abrasione, taglio, strappo, perforazione.
    • La nuova norma anti-taglio EN 388: 2016 ISO 13997.
    • La norma EN 407: calore, fiamma e fuoco. Le prestazioni del guanto sono illustrate da un pittogramma che raffigura una fiamma sotto la quale 6 cifre indicano la resistenza del guanto in base all'esposizione.
    • La norma EN 511: resistenza al freddo trasmesso per convezione o contatto a -50 °C.
    • La norma EN ISO 374: resistenza a prodotti chimici, microorganismi e virus.

    Alcuni DPI sono concepiti per essere indossati sotto altri tipi di guanti, come, ad esempio, un guanto anti-taglio sotto un guanto in lattice.

    Impiego di guanti monouso e riutilizzabili

    Impiego di guanti monouso e riutilizzabili

    I guanti monouso in lattice, nitrile o vinile hanno polsini di spessore diverso a seconda del modello.

    • In lattice: sono utilizzati per manipolazione di prodotti basici o non aggressivi per un tempo breve. Possono essere talcati o non talcati. Comodi e sottili, lasciano la mano libera di muoversi e permettono a chi li indossa di mantenere una buona sensibilità tattile.
    • In tessuto: offrono la flessibilità necessaria per la manipolazione dei prodotti alimentari. Hanno il vantaggio di essere traspiranti, lavabili e riutilizzabili.
    • Anche i guanti protettivi impermeabili in neoprene sono lavabili e riutilizzabili. Il nitrile offre comodità e sensibilità simili al lattice, ma senza rischi di allergie. I guanti in neoprene sono utilizzati soprattutto per la manipolazione di solventi; i guanti in vinile offrono una buona resistenza agli acidi.

    La norma EN 420 o EN ISO 21420 definisce e specifica i criteri generali di progettazione, produzione e informazione, nonché i metodi di prova utilizzati per la certificazione dei guanti protettivi, ma anche di guanti a mezze dita, presine e protezioni per le braccia.

    Norme relative alle calzature antinfortunistiche e loro caratteristiche

    Le calzature antinfortunistiche sono disciplinate dalla norma EN 20345. La resistenza allo scivolamento fa parte delle esigenze fondamentali di questa norma. La qualità antiscivolo della suola è tuttavia testata dalla norma EN 13287. Vi sono tre diversi tipi di resistenza allo scivolamento, SRA (umidità su pavimento in ceramica), SRB (grasso su pavimento in acciaio) e SRC (umidità + grasso).

    Il livello SB riunisce le caratteristiche fondamentali di una scarpa antinfortunistica: puntale protettivo, resistenza all'abrasione, resistenza allo scivolamento. Ognuna delle seguenti categorie, S1, S1P, S2, S3, S4 e S5, offre protezioni differenti, tra cui: tallone chiuso, antistaticità (A), suola resistente agli idrocarburi (FO), assorbimento degli urti sul tallone (E), suola anti-perforazione (P), tomaia idrofuga (WRU) e impermeabilità (WR).

    Ogni tipo di protezione è consigliato per uno specifico ambiente di lavoro:

    Per le scarpe:

    • S1: ambiente asciutto, terreno orizzontale
    • S1P: ambiente asciutto e terreno pericoloso
    • S2: ambiente umido e terreno orizzontale
    • S3: ambiente umido e terreno pericoloso

    Per gli stivali, obbligatoriamente in polimeri naturali o sintetici:

    • S4: ambiente molto umido e terreno orizzontale
    • S5: ambiente molto umido e terreno pericoloso.
    Norme relative alle calzature antinfortunistiche e loro caratteristiche - RS

    Scarpe di sicurezza, zoccoli o stivali: quale scegliere?

    Nella scelta delle calzature di sicurezza per l'industria agroalimentare, è fondamentale considerare le normative e le esigenze specifiche del settore.

    Analizziamo nel dettaglio le tre principali categorie di calzature: zoccoli, scarpe antinfortunistiche e stivali, ognuna conforme a diverse normative e adatta a specifici contesti lavorativi.

    Zoccoli antinfortunistici: le calzature da lavoro comunemente usate nell'industria agroalimentare

    Gli zoccoli per uso nell'industria agroalimentare sono DPI classificati nella categoria delle calzature da lavoro, pertanto non sono soggetti alla norma ISO 20345 ma alla norma EN ISO 20347:2012. Non hanno un puntale protettivo ma devono avere la certificazione SRC (suola antiscivolo). La suola in poliuretano è anche antistatica.

    Gli zoccoli per l'industria agroalimentare sono calzature basse caratterizzate da leggerezza e comodità. Resistenti all'abrasione, hanno una durata eccezionale. Gli zoccoli dispongono di un tallone che assorbe gli urti fino a una forza di 20 J. Di facile gestione, si lavano direttamente in lavatrice e asciugano in fretta.

    Scarpe antinfortunistiche

    Questa categoria riunisce i modelli più alla moda: alcuni imitano la forma delle sneaker da passeggio. Ispirate al mondo dello sportswear, le "sneaker antinfortunistiche" assicurano una camminata leggera e confortevole nel rispetto delle esigenze di sicurezza previste dalle norme. Utilizzano materiali innovativi per garantire il comfort: il puntale protettivo, ad esempio, può essere in materiale composito leggero. Impermeabili, possono essere foderati in tessuti traspiranti, per garantire una buona aerazione del piede, o antibatterici per ragioni igieniche. Si trovano anche dei modelli dotati di solette anti-fatica, che assistono il lavoratore restituendo l'energia immagazzinata a ogni passo.

    Stivali antinfortunistici

    Gli stivali antinfortunistici per il settore alimentare sono usati soprattutto dai tecnici sulla linea di produzione e sono scelti perché assicurano un elevato livello di protezione (S4 e S5). Uno stivale di questo tipo, fabbricato in materiale polimerico, deve essere resistente a prodotti chimici (norma ISO 6110), grassi animali e oli vegetali (norma ISO 6112).

    Quali misure igieniche per questi indumenti protettivi?

    Secondo il comma 4 dell'art. 77 del D.Lgs 81/08, il datore di lavoro deve mantenere in efficienza i DPI e assicurare le condizioni d'igiene.

    Quando i dispositivi di protezione individuale non sono monouso, il lavaggio è disciplinato dalla norma ISO 15797, che specifica quali tipi di indumenti possono essere lavati e le loro proprietà dopo il lavaggio: allargamento o restringimento del tessuto, comportamento del colore, stropicciamento, formazione di grinze, pilling, aspetto visivo generale.

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