Negli ultimi anni le difficoltà riscontrate nelle catene di approvvigionamento hanno messo in luce quanto possano essere vulnerabili le reti globali e, di contro, quanto possa essere utile adottare una strategia di nearshoring per adattarsi in modo versatile e resiliente agli eventi più imprevisti, riducendo il rischio di approvvigionamento e generando un impatto ambientale positivo.
A confermare tale tendenza è stata una recente ricerca condotta da Gartner, che ha svelato come sempre più piccole e medie imprese si stiano spostando verso fornitori di prossimità.Si tratta di una conferma di quanto già in atto da qualche anno, con il nearshoring che è diventato rapidamente uno degli approcci più gettonati dai professionisti della supply chain, che in gran parte hanno in programma il trasferimento dei fornitori presso Paesi vicini.
I motivi? Sempre secondo il report di Garnter, la rilocalizzazione delle attività di approvvigionamento è frutto proprio delle esperienze insoddisfacenti delle reti globali che si trovano in condizioni di mancanza di scorte e di difficoltà economiche.
A ciò si aggiunga però anche il ricorso a una ripresa green dopo la crisi pandemica, con la spinta verso produzioni più locali al fine di ridurre le emissioni nocive causate dal trasporto globale. Un tema sempre più importante per l’industria logistica, sebbene – occorre evidenziarlo – sembra esserci una discordanza non marginale tra le parole e le azioni: un sondaggio condotto da Hermes Germany tra i responsabili della logistica afferma infatti che, sebbene il 67% abbia dichiarato che gli aspetti della sostenibilità rivestono un’importanza molto elevata o elevata per la gestione della propria supply chain, solo il 31% registra le proprie emissioni di CO2 e solo il 25% sceglie consapevolmente un’offerta pienamente sostenibile nel momento in cui seleziona i propri fornitori di servizi.